Fino alle invasioni napoleoniche (1798-1799; 1809-1814) gli archivi dei notai delle località dell'attuale provincia di Rieti erano caratterizzati da una polverizzazione strutturale che era il risultato dei provvedimenti adottati sin dal XVI secolo nello Stato della Chiesa - il primo fu la costituzione Sollicitudo pastoralis officii di Sisto V (1 agosto 1588) - per favorire la nascita di archivi notarili in tutte le comunità periferiche. L'esperienza amministrativa francese influenzò la tendenza alla concentrazione delle carte dei notai che caratterizzò la Restaurazione pontificia. Con motu proprio del 31 maggio 1822 Pio VII stabilì che nei capoluoghi di provincia e nei centri sede di governi si riunissero gli archivi notarili dei comuni soggetti. Dopo l'unità d'Italia alcuni archivi notarili comunali furono soppressi, altri invece riconfermati (L. 2786/1875), e fu data la possibilità ai comuni sede di mandamento di istituire a proprie spese archivi notarili mandamentali con lo scopo di conservare le copie degli atti presentati agli uffici del registro presenti nella circoscrizione mandamentale a partire dal 31 dicembre 1875. Allo stesso tempo, gli archivi mandamentali avrebbero continuato a conservare gli atti originali e in copia, risalenti a prima dell'unità, che già detenevano da tempo. Oggi gli archivi notarili comunali e mandamentali delle terre ex pontificie afferenti alla provincia reatina sono conservati, con l'eccezione di quello comunale di Casperia tuttora presso il locale comune, dall'Archivio di Stato di Rieti.
Un discorso a parte meritano gli atti dei notai delle località appartenenti all'ex circondario di Cittaducale. Fino all'unità queste, in quanto appartenenti al regno delle Due Sicilie, sono state interessate da una normativa regolante l'attività notarile del tutto specifica. Le carte notarili di quelle aree sono dunque state a suo tempo versate per competenza all'Archivio di Stato dell'Aquila.
Tornando al territorio un tempo ricompreso entro i confini dello Stato della Chiesa, tra gli archivi notarili comunali i primi a giungere nell'Istituto reatino sono stati, nel 1956, quelli di Roccasinibalda, Scandriglia e Toffia, Nel 1957 sono seguiti i versamenti degli archivi di Collevecchio, Contigliano, Labro, Montebuono, Poggio Catino e Stimigliano. L'anno successivo è stata la volta di Cantalupo e di Configni e Lugnola, mentre gli ulteriori incrementi del patrimonio notarile comunale sono poi avvenuti a notevole distanza di tempo: nel 1968 Montopoli, nel 1972 Torri in Sabina e nel 1975 Roccantica.
Un caso a parte è quello degli atti notarili di Cittareale, che prima dell'unità faceva parte del regno delle Due Sicilie e fino al 1927 della provincia dell'Aquila. Di questo centro si dispone in realtà soltanto di un piccolo nucleo documentario pervenuto all'Archivio di Stato solo perché mischiato alle carte dell'archivio comunale.
Gli archivi notarili mandamentali sono a loro volta giunti in vari scaglioni. Nel 1956 l'Archivio di Stato deteneva già quello di Fara in Sabina. Nel 1968 si sarebbe aggiunto quello di Magliano Sabina, con un'integrazione avvenuta nel 2007 in seguito al rinvenimento di ulteriori protocolli nell'archivio comunale. Al 1980 risale il versamento del notarile di Poggio Mirteto.
Dopo l'unificazione italiana la L. 2786 del 1875 sul riordinamento del notariato dispose che in ogni distretto sede di tribunale funzionassero un collegio notarile e un archivio. Rieti, che oltre a ciò era anche sede di mandamento, rientrava nella fattispecie delineata dal testo legislativo. Con la L. 25/1879, che istituiva gli archivi notarili distrettuali, il notarile di Rieti acquisì questo status in quanto sede di distretto notarile. In base alla riforma del 1997, però, l'archivio di Rieti è stato declassato da distrettuale a sussidiario in seguito alla creazione del distretto notarile di Viterbo e Rieti con sede nella città dell'Etruria. L'Archivio di Stato di Rieti continua a ricevere i versamenti da questo archivio con la tempistica prevista dalla legge.
Il grosso dei fondi notarili consultabili in Istituto è costituito dai protocolli notarili, per alcuni centri risalenti anche al XIV secolo, e dagli "archivi" degli stessi archivi notarili. Il complesso quantitativamente più cospicuo è ovviamente quello dell'archivio notarile distrettuale di Rieti, formato per gran parte dai protocolli notarili, spesso forniti di repertori alfabetici dei contraenti, dagli indici delle parti (20 buste contenenti elenchi divisi per lettera alfabetica dal 1600 al 1777) e da una serie di registri di apoche dal 1588 al 1756.
Nell'avvicinare le fonti notarili si deve sempre tenere presente che mutamenti circoscrizionali e riforme della normativa, oltre a determinare frequenti commistioni di carte, hanno anche esasperato la difficoltà, intrinseca all'itineranza dell'attività notarile, di distinguere le "piazze" dove i notai rogavano. Nei casi in cui i notai svolgevano anche funzioni giudiziarie per le comunità o per i baroni, è possibile trovare atti giurisdizionali frammisti ai protocolli notarili. Allo stesso modo, non è raro trovare atti, in massima parte testamenti, redatti dai parroci del luogo. Più in generale, gli archivi notarili sono complessi documentari contraddistinti da una notevole "vischiosità archivistica". Per esempio, nel corso dei lavori di inventariazione si è rilevata la presenza di numerosi protocolli tre-quattrocenteschi dei notai dell'abbazia di Farfa nei fondi di Montopoli, Fara Sabina e Toffia.